La banda della Uno Bianca

Immagine: © Massimo De Candido - Fotolia - Polizia

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Ci sono storie che affondano in un passato ancora troppo recente per non fare male. Storie che il tempo non ha cancellato e che rimangono ferite sanguinanti nella memoria di ciascuno. Parlare oggi della Uno Bianca richiamerà forse alla mente dei più giovani l’utilitaria per eccellenza italiana, che ha venduto milioni di modelli nel mondo, prodotta fino al 1995 (qui si trovano le sue eredi). Eppure quella macchina é associata a una serie di delitti efferati, che sconvolsero l’opinione pubblica, lasciando una scia di sangue e crudeltà orrenda.

Tra il 1987 e il 1994 un’organizzazione criminale colpì in maniera violenta le zone dell’Emilia Romagna, causando morti e feriti e seminando il terrore tra la popolazione. Azioni criminose riconducibili al patto di sangue stretto da tre fratelli Roberto, Fabio e Alberto Savi che insieme a Pietro Gullotta, Marino Occhipinti e Luca Vallicelli andarono a formare la temuta banda della Uno Bianca, dal nome della macchina utilizzata per le loro azioni. A seguito della morte di 24 persone e del ferimento di altre 102, dopo svariate indagini, i colpevoli furono assicurati alla giustizia, scatenando un pandemonio di dibattiti. Il principale attore del gruppo infatti, Roberto Savi era al servizio della Polizia di Stato, come il fratello minore Alberto, la stessa carriera che avrebbe voluto intraprendere anche Fabio, impossibilitato a causa di un difetto alla vista (leggi l’intervista a Roberto Savi).

Gli altri due furono considerati membri minori della banda; Pietro Gullotta venne scarcerato nel 2008, mentre Marino Occhipinti (anche lui poliziotto) partecipò all’assalto di un furgone nel quale verrà uccisa una guardia giurata. A gennaio dell’anno scorso gli è stata concessa la semi libertà. Luca Vallicelli era anche lui un poliziotto, oggi è in libertà, dopo aver scontato una pena relativa solo alle rapine, senza morti e feriti alle quali partecipò.

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