Fernand Braudel *
Che cos’è il Mediterraneo? Mille cose insieme. Non un paesaggio ma innumerevoli paesaggi. Non un mare, ma un susseguirsi di mari. Non una civiltà, ma una serie di civiltà accatastate le une sulle altre. Viaggiare nel Mediterraneo significa incontrare il mondo romano in Libano, la preistoria in Sardegna, le città greche in Sicilia, la presenza araba in Spagna, l’Islam turco in Iugoslavia. Significa sprofondare nell’abisso dei secoli, fino alle costruzioni megalitiche di Malta o alle piramidi d’Egitto. Significa incontrare realtà antichissime, ancora vive, a fianco dell’ultramoderno (…) il Mediterraneo è un crocevia antichissimo. Da millenni tutto vi confluisce, complicandone e arricchendone la storia (…) Nel paesaggio fisico come in quello umano, il Mediterraneo crocevia, il Mediterraneo eteroclito si presenta al nostro ricordo come un’immagine coerente, un sistema in cui tutto si fonde e si ricompone in un’unità originale. Come spiegarla? Come spiegare l’essenza profonda del Mediterraneo? Sarà necessario moltiplicare gli sforzi (…) Il Mediterraneo è una buona occasione per presentare un “altro” modo di accostarsi alla storia.
* storico francese, autore del saggio La Méditerranée, Flammarion, 1985
Figli di un’Italia minore
(di Gianni Lannes)
Paesi che si spopolano fino a scomparire mentre le necropoli tra traffico e inquinamento scoppiano. C’è una parte dello Stivale che rischia di dissolversi. Non si tratta solo di piante e di specie animali. Quello che l’Italia sta perdendo sono i suoi comuni: una delle principali fonti di ricchezza culturale. Quasi tremila sono a rischio. Più di un terzo del totale. Il problema, però, non riguarda solo il giardino d’Europa ma anche altre nazioni del Mediterraneo. Un terzo dell’Italia, dunque, rischia di venire cancellato dalle carte geografiche. È questa la conclusione di una ricerca elaborata dal Cresme, intitolata “l’Italia del disagio abitativo”. Secondo l’indagine 2830 comuni su poco più di 8 mila sono in pericolo di estinzione a causa della fuga della popolazione, dell’invecchiamento precoce, del crollo delle nascite, dell’assenza dei servizi pubblici essenziali, dell’altissimo tasso di disoccupazione. La mappa delle zone a rischio non è concentrata nel Mezzogiorno, ma interessa un po’ tutta la penisola: dalle Alpi agli Appennini; dalle zone interne di Marche, Umbria e Toscana, alle aree montuose di Calabria, Sicilia e Sardegna. Rischia di sparire il paese del Gattopardo, Palma di Montechiaro; ma anche località note come: Cascia, Bagnoregio, Magliano, Corsara, Amatrice, Castiglione in Teverina. In questi lembi d’Italia si assapora una sensazione di lentezza sconosciuta a chi vive in una metropoli e deve districarsi nel caos urbano. Veloci, sempre più veloci e in corsa contro il tempo. Così 30 Comuni si autoproclamano “riserve naturali della lentezza”. I paesi “slow”, da Asti a Palestrina, da Greve in Chianti a Todi, si sono associati per difendere i loro stili di vita, i tempi degli esseri umani, piuttosto che quelli delle macchine. Difendere la propria autonomia - nel Belpaese - vuol dire tutelare 20 mila centri storici, 40 mila tra rocche e castelli; e poi archivi e biblioteche, giardini, chiese e conventi. I luoghi in cui è custodita la nostra storia, dove sopravvive la nostra identità.