Parliamo in questo articolo di uno dei più grandi criminali mafiosi, Vittorio Mangano, il cosiddetto “stalliere di Arcore”. Chi era esattamente e quali erano le accuse contro di lui?
Solo pochi giorni prima della sua scomparsa nel 2000 Vittorio Mangano fu condannato all’ergastolo per duplice omicidio. Su di lui pendeva più di un’accusa. Sin dagli anni ’80 in poi era stato condannato per mafia e omicidio, dopo che i due pentiti Totò Cancemi e Salvatore Cucuzza avevano testimoniato contro di lui. La procura di Palermo ritiene che Vittorio Mangano avesse un ruolo nelle vicende in cui è stato processato Marcello Dell’Utri, amico fedele di Mangano, per concorso esterno in associazione mafiosa. Mangano era stato condannato negli anni ’80 a dieci anni per droga, evitando così la condanna per mafia nel maxiprocesso, dopo che Tommaso Buscetta e Totò Contorno, durante il maxiprocesso di Palermo (1986-1987), lo avevano indicato come “uomo d’onore” appartenente a Cosa Nostra, nella “famiglia” di Pippo Calò, il capo della “famiglia” di Porta Nuova. Poi nel ’95 è stato arrestato nuovamente. Nel ’99 Mangano è stato condannato per 15 anni per traffico di droga e poi altri 15 anni per estorsione. Mangano ha lasciato il carcere il 5 giugno e messo agli arresti domiciliari, per via delle sue condizioni di salute molto critiche. Poco prima di morire il 23 luglio 2000 Mangano è stato accusato dell’omicidio di Giovambattista Romano.Il suo legame con Cosa Nostra è cosa certa. Il soprannome gli è stato conferito dalla stampa data l’attività che svolgeva presso la villa di Silvio Berlusconi ad Arcore. Dal magistrato italiano Paolo Borsellino Vittorio Mangano è stato definito una delle “teste di ponte dell’organizzazione mafiosa del Nord Italia”.